Søren Aabye Kierkegaard: tratti biografici
a cura di Nadia Tomasi
"Come mai può
venire in mente a qualcuno di fare l'elogio di quest'esistenza dove non c'è
che l'alternativa: o
di sopprimere in modo abominevole (crimine peggiore di un aborto) ogni aspirazione
ideale in grande stile e ogni possibilità d'idealità vera,
in ogni modo dimezzarla in maniera rivoltante… per poi gonfiarsi e rimpinzarsi
nella sconcia obesità degli onori e della stima mondani,
oppure , qualora si voglia l'ideale, ci si deve
preparare a essere, eo ipso
, martiri.
Il Cristianesimo è l'unica spiegazione
consistente dell'esistenza (†). L'esistenza terrestre è sofferenza;
ogni uomo ha la sua dose e le sue parole in punto di morte perciò
saranno: «Sia lodato Iddio che anche questo ora è passato!».
L'esistenza terrestre è tempo di prova,
è l'esame. Tutte queste chiacchiere di voler strafare, sono invenzioni
dei pastori per spillar denaro: è un genere di serietà che
abolisce Iddio […]."
Agli scritti Kierkegaard affida la testimonianza
del significato dell'umana esistenza nella sua inequivocabile alternativa
e nell'unica spiegazione pregnante, lasciando intravedere la sua prospettiva
sull'ordine stabilito, la mondanità e, in filigrana, la sua stessa
vita. Parca di eventi esteriori quanto ricca di ripercussioni interiori,
essa, infatti, lo conduce attraverso una fanciullezza austera e una giovinezza
burrascosa e dissipata a stringere più intimamente il suo rapporto
al cristianesimo Dal fumo romantico e idealista in cui fu avvolto
nei primi tempi, il suo sguardo si assottiglia, volgendosi decisamente verso
l'essenziale. Cadono così molti aspetti esteriori della sua dialettica,
ma si intensifica in compenso la dialettica interiore intorno al supremo
Aut-Aut: il finito e l'infinito, il temporale e l'eterno.
Saldamente ancorato al messaggio del Nuovo Testamento come all'unica cura radicale, Kierkegaard contesterà allora alla cristianità
stabilita gli inganni delle sue false prospettive di benessere terreno che
l'hanno riconciliata con il mondo.
La biografia del filosofo danese rifluisce e
s'immedesima quasi con il suo pensiero, ma nel modo più impensato
e strano: la tenue trama dei fatti singoli si articola progressivamente nella
logica dei principi che formano la sua evoluzione spirituale.
Søren Aabye Kierkegaard nacque a Copenaghen il 5 maggio 1813 "… in quello sciagurato anno finanziario che tante banconote ha messe in circolazione. E la mia esistenza potrebbe benissimo paragonarsi a una di esse. …" Il padre esercitò sulla vita morale e
spirituale di Søren, ultimo di sette figli, un'azione potente e durevole.
Kierkegaard nel Il padre, trasferendo nel figlio la propria malinconia,
gli si era rivelato sotto l'incubo di una disperazione silenziosa Nel 1830, terminati gli studi secondari, infatti,
Kierkegaard si era iscritto all'Università per conseguire il grado
di L'influenza di Hegel si faceva allora particolarmente
sentire ed il razionalismo pareva imporsi come la forma perfetta della speculazione.
Kierkegaard non ebbe difficoltà ad entrare nel gioco sottile della
dialettica hegeliana. Era ben lungi tuttavia dall'abbandonarsi alla corrente
idealista che andava affermandosi dovunque e nei confronti della quale si
rafforzava invece la sua opposizione, in nome di un sentimento potente di
quella che egli chiamava la realtà esistenziale, dalla quale l'idealismo
aveva la pretesa di far astrazione Se, soprattutto all'inizio, la conoscenza kierkegaardiana
di Hegel fu mediata da interpreti e commentatori, a mano a mano che seguì
l'abbondante letteratura della teologia speculativa, egli prese anche conoscenza
diretta delle opere del filosofo tedesco maturando sempre più chiaramente
l'opposizione a quest'ultimo data la diversa impostazione problematica del
suo pensiero. Il profondo interesse per la teologia speculativa spiega una
certa dipendenza terminologica e concettuale da Hegel, senza tuttavia alcun
motivo di pensare che Kierkegaard sia mai stato hegeliano, o che la sua filosofia
si regga o cada con quella di Hegel, o che questa ne sia il motivo ispiratore
Søren sentì presto l'esigenza di
salvaguardare una personalità di cui avvertiva l'originalità
e la ricchezza; intorno al diciottesimo anno le sue idee sul mondo e sulla
vita andavano modificandosi e lo portavano ad allontanarsi dal padre. Ecco
perché, indirizzato agli studi teologici che avrebbero dovuto avviarlo
al ministero pastorale, non vi si dedicò che distrattamente e saltuariamente
in quanto era ancora incerto sulla carriera da intraprendere e tutto teso
a "…trovare una verità che sia una verità «per me»,
di trovare «l'idea per la quale io voglio vivere e morire». …" Questi conflitti coincidevano con un crescente
distacco dal cristianesimo (come è possibile rilevare da alcuni brani
del
Il tormento però della sua pena più
intima fu quel "pungolo", quella freccia di dolore confitta nelle
sue carni che lo ha segregato fin dalla prima infanzia Alla sofferenza del pungolo andava congiunta
una profonda malinconia che il vecchio padre gli scaricò addosso quando
era ancora bambino e che lo spinse a condurre una vita di "puro spirito"
aggrappandosi unicamente "all'aspetto intellettuale dell'uomo"
In questo contesto assunsero il loro significato
altri due importanti rapporti che si inserirono nella relazione di cui fu
intrisa l'intera sua esistenza: quella con il suo originario padre e autentico
maestro, Dio.
Il primo fu quello con Regina Olsen che Søren
incontrò nel 1837 e che lasciò dopo poco più di un anno
di fidanzamento nel 1841
Il pensiero di Kierkegaard era dunque ormai centrato sul problema del cristianesimo e si concretizzava nel conclusivo rapporto a Mynster come relazione alla realtà e finitezza nella forma dell'ordine stabilito rappresentato dal capo della Chiesa danese.
Datosi all'attività letteraria per sfuggire
al risucchio della malinconia e realizzare la sua missione di poeta del religioso In questo frangente conflittuale si evidenziò un ulteriore motivo di inasprimento dei rapporti con il vescovo Mynster che, non soltanto evitò di difenderlo, ma osò mettere sullo stesso piano lui, la "spia della cristianità" che aveva impegnato tutto per smascherare l'equivoco anticristiano della generazione contemporanea,
e il suo persecutore Goldschmidt. Già da tempo, comunque, la stima
ed ammirazione verso colui che era stato il pastore di suo padre avevano
lasciato il posto ad un crescente sospetto, divenuto poi certezza, del tradimento
dell'ideale cristiano. Il Nell'ultimo testo del
[1] S.A. KIERKEGAARD, Diario , IX A 358 (1950), p. 68 vol. 5.
[2] Cfr. ivi, II A 232 (317), p. 127 vol. 2.
[3] Cfr. ivi, VIII 1 A 116 (1406), p. 39 vol. 4.
[4] Cfr. ivi, IX A 142 (1828), p. 206 vol. 4; inoltre cfr. ivi, IX A 495 (2043), p. 109 vol. 5; infine cfr. ivi, X 3 A 252 (3062), p. 53 vol. 8.
[5]
Il
Diario di Kierkegaard occupa quasi cinquemila
pagine dei venti volumi in cui è stata raccolta, a Copenaghen, l'edizione
postuma delle sue Carte
. È un'opera iniziata nel 1834, quando il filosofo danese era poco
più che ventenne, e condotta via via con forma ed intensità
diverse, fino agli ultimi giorni di settembre del 1855, meno di due mesi
prima della sua morte, avvenuta l'11 novembre. C. FABRO ha osservato giustamente
che il Diario rivela
l'animo di Kierkegaard come nessun altro suo scritto.
(Cfr. C. FABRO,
[6] KIERKEGAARD, Diario , III A 73 (701), p. 22 vol. 3. Cfr. anche ivi, I A 68 (49), p. 30 vol. 2 e ivi, I A 72 (51), p. 34 vol. 2.
[7] Ivi , V A 3 (987), p. 118 vol. 3.
[8] Cfr. ivi, X 2 A 619 (2918), pp. 161-162 vol. 7.
[9] Cfr. ivi, V A 33 (1010), pp. 125-126 vol. 3. Altra scena autobiografica in S.A. KIERKEGAARD, Colpevole? Non colpevole? , in Stadi sul cammino della vita di S.A. Kierkegaard , a cura di L. KOCH, Milano 1993, pp. 331-332.
[10]
Cfr. KIERKEGAARD,
Diario , V A 108 (1051),
p. 137 vol. 3.
[12] Cfr. ivi, IV A 70 (868), p. 72 vol. 3.
[13] Nel semestre invernale 1835-1836 Kierkegaard seguì le lezioni di P.M. Møller (1794-1838) sul De anima aristotelico ed apprezzò questo pensatore, poeta e filologo. L'amore per i Greci e Socrate in particolare, unito all'ironia, all'avversione al pensiero sistematico e alla rivendicazione di una interiorità individuale nei confronti dei pastori e della Chiesa di Stato, resero caro a Kierkegaard il suo professore al quale è dedicato affettuosamente Il concetto dell'angoscia e di cui nella Postilla sta scritto: "Quando tutto era hegeliano, lui la pensava in modo completamente diverso".
[14] KIERKEGAARD, Diario , I A 94 (66), p. 48 vol. 2.
[15] Cfr. ivi, I A 273 (158), p. 75 vol. 2.
[16] Ivi , I A 328 (180), pp. 80-81 vol. 2.
[17] Secondo S. SPERA la filosofia kierkegaardiana si concretizza presto, intorno al 1835, quando di Hegel Kierkegaard ha una conoscenza indiretta e generica. (Cfr. S. SPERA, Introduzione a Kierkegaard , Bari 1992 3 , p. 27).
[18] Anche la dialettica kierkegaardiana assume un carattere peculiare: essa fa riferimento ad una potenza, nella quale si fonda in trasparenza, che obbliga l'individuo alla scelta rendendolo consapevole del proprio peccato davanti a Dio; è una dialettica dell'esistenza.
[19] Diverso, seppure accomunato da un conclusivo superamento, il riferimento kierkegaardiano a Socrate, altra figura di primo piano nella formazione del filosofo danese. Se da Hegel ereditò lo strumento della dialettica, da Socrate attinse quello dell'ironia e della maieutica. La filosofia greca rappresentava ai suoi occhi l'approdo sicuro del realismo contro ogni panlogismo e Socrate il vertice della saggezza, prima e fuori del cristianesimo. Kierkegaard, tuttavia, criticava il carattere intellettualistico della morale fondata da Socrate e trovava insufficiente la sua teologia naturale. Con le Briciole di filosofia (1844) e la Postilla conclusiva non scientifica alle Briciole di filosofia (1846) infatti, insieme alla riaffermazione del valore della testimonianza socratica, ne definisce anche il ruolo propedeutico rispetto alla verità e alla salvezza del cristianesimo.
[20] KIERKEGAARD, Diario , I A 75 (55), p. 41 vol. 2.
[21] Ivi , I A 99 (71), p. 52 vol. 2.
[22] Cfr. ivi, I A 161 (104), p. 63 vol. 2.
[23] Tutto questo spiega perché i suoi studi procedevano così a rilento. Il padre di Søren assisteva a questa vita sregolata che tanto contrastava con l'esistenza austera dell'ambiente familiare. Nel settembre 1837 giunsero ad una separazione amichevole; il figlio avrebbe percepito una rendita annua di 500 risdalleri, somma che gli avrebbe consentito di vivere per proprio conto e di condurre un'esistenza abbastanza agiata, grazie anche ai proventi di un lavoro redditizio (nell'inverno del 1837-1838, Kierkegaard fu professore di latino al liceo di Copenaghen), in attesa di prendere una decisione circa la propria carriera.
[25] Ivi
, IV A 85 (879), pp. 76-77 vol. 3.
[26]
Concordo con l'affermazione
di P. PRINI per cui l'accanimento dei biografi nel tentativo di individuare
la natura di questo dolore kierkegaardiano nell'ambito di una patologia fisiologica
o psichica non tiene conto del punto più importante della questione.
Non era infatti la natura del male che poteva costituire una chiave interpretativa
del "segreto" di Kierkegaard, ma piuttosto il suo comportamento
religioso di fronte ad esso, la sua interpretazione teologico-esistenziale
del proprio destino stigmatizzato da quella dolorosa eccezione. Questa "palla
di piombo sulle ali" era segnata per lui da un carattere religioso,
il senso le derivava dall'essere una realtà cristiana. La lettura
teologica del proprio stato straordinario è stata il tormento di tutta
la riflessione autobiografica kierkegaardiana, ma anche la lotta decisiva
per la sua conquista della franchezza cristiana.
(Cfr. P. PRINI,
[27] Cfr. KIERKEGAARD, Diario , II A 806 (652), p. 211 vol. 2.
[28]
Il 29 settembre
1841, Kierkegaard ottenne il titolo di Magister
Artium con la tesi Sul
concetto di ironia in riferimento costante a Socrate
; l'11 ottobre ruppe definitivamente il fidanzamento con Regina e pochi giorni
dopo partì per Berlino dove frequentò (dal 15 novembre al 4
febbraio 1842) il corso che Schelling teneva all'Università. All'entusiasmo
iniziale seguì una terribile noia che lo trattenne dal continuare,
come risulta dalle lettere all'amico Boesen e al fratello Pietro.
A proposito di questi scritti che S. SPERA definisce
"scritti del periodo berlinese" e, più in generale, circa
il rapporto tra Kierkegaard e Schelling si veda S. SPERA,
[29] Cfr. KIERKEGAARD, Diario , III A 161 (772), p. 41 vol. 3 e ivi, III A 166 (777), pp. 42-43 vol. 3.
[30] Ivi , X 5 A 150 (3796), p. 69 vol. 10.
[31] Cfr. in particolare KIERKEGAARD, Colpevole? Non colpevole? , cit.
[32] KIERKEGAARD, Diario , X 5 A 21 (3722), p. 189 vol. 9.
[33] Cfr. ivi, IX A 213 (1868), pp. 24-25 vol. 5.
[34] Per un ampliamento della tematica relativa al rapporto tra Kierkegaard e il giornalismo con particolare riguardo alla vicenda del "Corsaren" rimando a SPERA, Il pensiero , cit., cap. II, pp. 147-175.
[35] Kierkegaard nel primo articolo di protesta contro l'elogio di Martensen a Mynster chiedeva nel titolo: Era il vescovo Mynster un testimonio della verità, uno di quei veri testimoni: è mai vero questo? . L'articolo, scritto nel febbraio 1854, fu pubblicato in "Faedrelandet" soltanto il 18 dicembre. Dopo la replica di Martensen sul "Berlingske Tidende", Kierkegaard contrattaccò nuovamente e quando, alla fine del marzo 1855, si affievolì la polemica diretta sui giornali, Kierkegaard continuò su "Faedrelandet" l'attacco ormai inarrestabile alla cristianità stabilita.
[36] KIERKEGAARD, Diario , X 3 A 588 (3229), p. 132 vol. 8.
[37] Ivi , X 4 A 586 (3655), p. 142 vol. 9.
[38]
P. PRINI afferma
che, essendosi Kierkegaard proposto di cercare la verità cristiana
sperimentandola nella propria esistenza, la filosofia che ne risulta vuole
essere una vera e propria teologia sperimentale, e in questo senso è
un'autobiografia teologica. Questa interpretazione mi trova concorde. (Cfr. PRINI, Storia dell'esistenzialismo
, cit., in particolare cap. I, pp. 20-25).
Impaginazione e grafica: Giorgio Ruffa (©2000) |