Riflessione sull’ecumenismo

In questi ultimi tempi si parla spesso, per non dire troppo, di ecumenismo. Ma in realtà le divisioni permangono. Non voglio certo dare giudizi di merito, non avendone alcun titolo, ma penso che esse siano naturali, in quanto se avessimo già raggiunto la piena ecumene si sarebbe già realizzato il Regno di Dio. Questo in effetti, come ci dicono chiaramente le scritture, si deve ancora realizzare (per esempio in: Matt. 6:10; 25:1,sgg. ; Mar. 15:43; 1 Cor. 15,50; Apocalisse 22:21). Le divisioni confessionali sono il frutto di questo mistero?

Molti non si rendono conto che dogmatizzare con leggi umane argomenti teologici, di cui non possiamo, in quanto creature, assolutamente discernere una verità, espone ad un concreto pericolo di bestemmia. Questo fu compreso non solo dai riformatori (bella la frase di Lutero: ” Vivendo, immo moriendo et damnando fit theologus, non intelligendo legendo aut speculando”), ma anche da molti padri della chiesa: primo fra tutti Agostino. Nello stesso seno della riforma nacquero, sin dall’inizio, divisioni: la più importante, il Pietismo, di Philipp Jacob Spener (1635-1705) combatté contro un legalismo di tipo cattolico che si stava insinuando tra i luterani ortodossi. Ma questo è un altro argomento.

Ho accennato a questo solo per evidenziare il fatto che le comunità cristiane sono da sempre state divise: divisioni derivanti da diverse interpretazioni del cristianesimo. Nel contesto di questo breve discorso non possiamo trattare di queste differenze: la letteratura in merito è abbondante, e a questa rimando.

Riporto, per esemplificare il discorso, una tesi della chiesa Avventista del 7′ Giorno: “La comprensione della nostra missione e la coscienza del nostro compito non sono compatibili in tutto e per tutto con le interpretazioni attualmente ammesse in seno al Consiglio Ecumenico (Cec). Noi soffriamo, insieme con altri cristiani sinceri, a causa delle divisioni confessionali e consideriamo nostro compito favorire «l’unità dello Spirito» (Efesini 4:3). Noi cerchiamo l’unità nella verità e nella fede, fondate sulla Parola ispirata di Dio. Non potremmo dunque aderire a un’unità che non si fondi esclusivamente sulla rivelazione biblica. Noi osserviamo con inquietudine le tendenze che, in seno al Cec, si ispirano a tradizioni non bibliche e deviano dall’esclusività della salvezza in Gesù Cristo. Esse sono in contraddizione con il principio del «Sola Scriptura», risalente alla Riforma, e sono in disaccordo con la purezza del Vangelo. Sulla base della nostra comprensione della parola profetica, noi riconosciamo, come altri cristiani, nell’evoluzione della storia della potenza politico-religiosa del papato il compimento delle profezie bibliche (Daniele 7, Apocalisse 13 e 17). La crescente apertura del Cec al cattolicesimo, il suo attuale impegno politico, come anche le tendenze teologiche e religiose liberali e pluraliste sembrano ben confermare la nostra interpretazione della profezia biblica (Apocalisse13:11-18)”.

A prescindere dal contenuto, che ognuno è libero di approvare o meno, qui è stato toccato un punto nodale: la difficoltà di aderire a un’unità che non si fondi esclusivamente sulla rivelazione biblica. In effetti nell’ecumenismo attuale, mi riferisco al dialogo con la chiesa cattolica, la componente scritturale è spesso posta in secondo piano: ho conosciuto dei cattolici ferventi che, in buona fede, non avevano mai aperto una Bibbia. A che cosa è dovuto questo se non ad una diseducazione di base? Il Movimento Ecumenico e il Consiglio Ecumenico delle Chiese (Cec), pur rappresentando una lodevole iniziativa, è pur sempre un’istituzione umana, pertanto fallibile. Esso si trova di fronte ad una situazione eterogenea difficilmente gestibile.

Una bella definizione ecumenica può essere, dopo quella di Matteo 18:20 (“Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro“), questa di Martin Lutero: “La Chiesa non è legno e pietra, ma è l’insieme dei credenti in Cristo; a quello bisogna riferirsi, e vedere come essi credono, vivono ed insegnano“.

Quindi, affrontare dialetticamente i contrasti: il contrasto, sin dal tempo di Eraclito, genera discorso, mantiene viva l’attenzione. Dal momento che tutti siamo sottoposti ad un unica volontà, quella di Dio, non è certo in nostro potere affermare che le differenze confessionali siano un male. Anzi ognuna ci manifesta un aspetto dello Spirito il quale di discioglierà nell’unica verità quando saremo “faccia a faccia” con il creatore (1 Cor. 13,12).

Devo dire, però, che molti protestanti stanno pensando che la parola “Ecumenismo” sia una sorta di Panacea. La Riforma non è finita, le varie visioni del cristianesimo, come ho detto, sono dialetticamente necessarie per crescere e progredire con l’aiuto di Dio.

Le differenze ci sono ed è giusto che permangano. Sono l’unica possibilità per evitare di cadere nuovamente in un dogmatismo dispotico. L’evangelo, e Lutero lo ha spesso sottolineato, è messaggio di libertà e di emancipazione dell’uomo dalle catene di uno sterile intellettualismo teologico.

Più che all’ecumenismo in sè, oggi, come ieri, dovremmo uniformarci al messaggio dei vangeli. Il vero pericolo è rappresentato dalla cosiddetta modernità. Il pensiero occidentale vuole uccidere Dio, e qualcuno stupidamente pensa di averlo fatto, sostituendolo con le divinità della ragione, della tecnica, della libertà(presunta) e del consumismo. L’uomo, grazie alla scienza, si sente creatore, pensate alla genetica, e padrone della terra in cui vive. Ma, attenzione, la ragione non è illimitata regolatrice degli atti umani, come Kant ci ha insegnato. Da un eccessiva razionalizzazione e fiducia nella ragione può nascere un profondo degrado morale. Il comandamento divino non è un articolo di codice ma è il corollario di una massima che così può suonare:” TU UOMO NON DEVI PERCHÉ NON PUOI (in quanto creatura finita, quindi limitata)”.

Il vero peccato dell’uomo, quindi, è HYBRIS (tracotanza). L’uomo “moderno” continuerà ad uccidere, a distruggere e a profanare la creazione, di cui fa parte, ma alla fine in un modo o nell’altro dovrà darne conto sino “all’ultimo denaro”(Mt 5,26).

Ritornando al nostro discorso, teniamo conto, però, che discutere è lecito, ma nessuno può mettere in discussione la credibilità di Dio, pertanto dobbiamo soprattutto avere fiducia (Ex sola fide), ossia certezza, nelle sue promesse: riassunte nel dono immeritato della Grazia. Allora gli altri problemi cadranno in secondo piano. Puntualizzo il fatto che la certezza della fede non è volontà umana di potenza, ma è relativa alla sola potenza divina.

Sono d’accordo con chi afferma la possibilità di un ecumenismo a livello di base. Anch’io ho molti amici cattolici con i quali discuto: questi sono rapporti umani e nessuno li mette in dubbio per ragioni di confessione, anzi! Ma, la collaborazione di base è contingente e ben diversa da una sintesi a livello teologico. Un mio amico ha scritto:” Perché non si riesce a pervenire ad una posizione nel movimento ecumenico che non sia: “Io ho la verità, voi così e così”, l’ecumenismo è che voi torniate all’ovile cattolico, magari dando una revisioncina a qualche questione teologica o ecclesiologica”?

Ecco, questa è, o perlomeno i fatti non la smentiscono, l’esatta concezione cattolica: il rientro dei lapsi.

Del resto Cristo ci ha informati sul fatto che la sua Parola è venuta per dividere, e poi non si possono servire due padroni. Diciamola chiara e ripetiamo: ci sono dei punti teologici INSORMONTABILI. Solo per fare un esempio: la messa cattolica, con relativa eucarestia (ad una specie), è ancora considerata un sacrificio dai cattolici? L’intecessione dei santi? Maria? I temi sono sempre quelli, non c’è ecumenismo che tenga, la chiesa cattolica è ferma nelle sue posizioni. Non mi sembra che nella millenaria storia della chiesa di Roma le cose siano cambiate di molto. Il dogma dell’infallibilità papale risale al 1870 (Pio IX), l’immacolata concezione al 1854 (Pio IX) e il dogma dell’assunzione di Maria al 1950 (Pio XII). Non entro in merito al contenuto, ma mi sembrano posizioni un po’ troppo recenti, no? A voler essere accomodanti si rischia di tradire entrambe le visioni del cristianesimo.

Quindi coerenza, ognuno segua la propria inclinazione spirituale, visto poi che dobbiamo seguire la Sua Volontà e quindi il nostro destino. Per me Ecumenismo significa rispetto per l’Altro (o prossimo se preferite). Ma questo ce lo comanda Cristo stesso (Matteo 19,19) e quindi non vedo perchè dovremmo inventarci nuove parole per ribadire lo stesso concetto.