Benedetto XVI in visita alla comunità luterana di Roma

Riprendo la notizia, della visita del 14 marzo 2010, come riportata dalla Radio Vaticana e dal NEV (Notiziario Evangelico). Apro i commenti… se volete discuterne. Personalmente la considero una visita di reciproca cortesia, teologicamente non ci possono essere appigli di sorta: la stessa «Dichiarazione Congiunta» non è altro che l’affermazione formale di uno stato di fatto.

«Divisi, dunque, cattolici e luterani, ma rivolti insieme verso Cristo»

L’intervento di Benedetto XVI era basato su Giovanni 12:20-26: «Or tra quelli che salivano alla festa per adorare c’erano alcuni Greci. Questi dunque, avvicinatisi a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, gli fecero questa richiesta: «Signore, vorremmo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea; e Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro, dicendo: L’ora è venuta, che il Figlio dell’uomo dev’essere glorificato. In verità, in verità vi dico che se il granello di frumento caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita, la perde, e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà in vita eterna. Se uno mi serve, mi segua; e là dove sono io, sarà anche il mio servitore; se uno mi serve, il Padre l’onorerà» (Cfr. Is 49:6; 53:10-12).

Il pastore luterano Jens-Martin Kruse si è invece soffermato su 2 Corinzi 1:3-7: «Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra afflizione, affinché, mediante la consolazione con la quale siamo noi stessi da Dio consolati, possiamo consolare quelli che si trovano in qualunque afflizione; perché, come abbondano in noi le sofferenze di Cristo, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione. Perciò se siamo afflitti, è per la vostra consolazione e salvezza; se siamo consolati, è per la vostra consolazione, la quale opera efficacemente nel farvi capaci di sopportare le stesse sofferenze che anche noi sopportiamo. La nostra speranza nei vostri riguardi è salda, sapendo che, come siete partecipi delle sofferenze, siete anche partecipi della consolazione» (Cfr. 2Co 4:8-18; 2Ti 2:8-12; Fl 1:27-30; At 19:23, ecc.).


Un’unità spezzata in tanti cammini: è questa la realtà dei cristiani, una realtà che tuttavia non deve indurre alla tristezza, piuttosto ad elevare a Dio preghiere perché tutti siano una cosa sola. E’ la riflessione che Benedetto XVI ha svolto ieri pomeriggio nella visita alla chiesa luterana di Roma. Non si può essere cristiani senza comunità, ha sottolineato ancora il Papa parlando a braccio in tedesco, e se ancora manca l’unità c’è tuttavia da sperare, da proseguire la strada dell’ecumenismo guardando a Cristo.

E’ l’uomo ad aver distrutto quel cammino tracciato da Cristo che per primo si è fatto chicco di grano morendo per tutti. Siamo noi che abbiamo diviso in tanti cammini quell’unico cammino dell’amore: il donarsi senza riserve per l’altro. Benedetto XVI ha descritto così quell’unità che ancora manca fra i cristiani, quell’unità che ancora deve fare progressi, che è stata spezzata dall’incapacità di imitare la via indicata da Gesù.

E invece è accettare la croce la via di Cristo, è saper far convivere speranza e dolore, proiettandosi continuamente verso il prossimo, in un amore smisurato; proprio come quello che Gesù ha dimostrato. Un amore che l’evangelista Giovanni descrive rivolto a chiunque, senza preferenza alcuna.

‘Dass wir miteinander mit Ihm gehen’ Per essere cristiani bisogna essere un noi, comunità – ha spiegato il Papa – ma è una comunità che ha subito divisioni quella cristiana, ed è da qui che nasce l’ecumenismo, quel tentativo di riprendere il cammino insieme.

Cattolici e luterani percorrono strade diverse dal XVI secolo, quando Lutero affermò che l’uomo si salva soltanto per la grazia di Dio, quindi per fede, dissentendo dalla dottrina cattolica per la quale la salvezza viene dalla grazia divina e dai meriti acquisiti con le opere buone. La Dichiarazione congiunta cattolico-luterana sulla giustificazione del 31 ottobre 1999 ha aperto il cammino ecumenico affermando che fede e opere sono riassunte nella parola «grazia» [NdR Peccato che, sia la teologia che la liturgia non siano cambiate].

‘Dass Er zuletzt sie schenken kann’ Solamente Dio può donare l’unità – ha rimarcato Benedetto XVI -, costruita dai soli uomini sarebbe fragile. Per questo c’è da pregare, da chiederla a Dio.

E se non stare attorno allo stesso calice può indurre tristezza, ha riflettuto il Pontefice, c’è da perseverare, come suggerisce la domenica del Laetare – celebrata ieri – la do

menica della gioia, quella che ai cristiani immersi nel cammino della Quaresima, invita a guardare Dio al di là di ogni preoccupazione, perché il suo amore, nella Pasqua, ci ha mostrato la vita oltre la morte.

Ed è stato accolto con gioia Benedetto XVI nella Christuskirche. Doris Esch,

presidente della comunità luterana, ha ricordato i passi che hanno riavvicinato cattolici e luterani: la visita di Giovanni Paolo II 25 anni fa e la firma della Dichiarazione congiunta, 10 anni or sono.

“Beide Jubiläm, beide Erinnerungen… Entrambe le esperienze sono vive e importanti nella nostra comunità ‘ ha detto Doris Esch ‘ e ci incoraggiano a continuare a camminare sulla via dell’ecumenismo.

Anche il pastore Jens-Martin Kruse ha parlato di gioia sottolineando che quella del cristiano consiste nella fiducia in Dio.

“Wer oder was sollte glaubwürdiger, verlässlicher… Chi o che cosa dovrebbe essere più credibile, più affi

dabile, più capace di sopportare carichi di un Dio ‘ sono le parole del pastore Kruse – che comincia dove cominciamo anche noi, ma che non smette dove finiscono le nostre possibilità e forze’

‘Può darsi – ha proseguito – che l’amore di Dio, nella realtà di questo mondo, fallisca sulla croce’; ma ‘Dio, mantenendo il rapporto col Gesù crocifisso attraverso e oltre la morte, e risvegliandolo la mattina di Pasqua, ha dimostrato di essere un Dio di vita che, dove noi vediamo solo morte e rovina, crea vita nuova’.

Divisi, dunque, cattolici e luterani, ma rivolti insieme verso Cristo, tanto che, ha aggiunto il pastore Kruse ” se, nel dolore, siamo qui gli uni per gli altri e condividiamo insieme e celebriamo la gioia nella fede, allora questo sarà anche un passo fondamentale per rendere visibile ed efficace l’unità di cui viviamo’.

Gli ha fatto eco Benedetto XVI che scorge già l’unità in questo incontro con i luterani. C’è unità, ha concluso, perché guar

diamo tutti insieme all’unico Cristo. La via dell’ecumenismo va dunque proseguita, ha incoraggiato Benedetto XVI: “Dass er damit uns wirklich… Preghiamo perché il Signore ci doni l’unità, affinché il mondo creda.


Roma (NEV-Notiziario Evangelico), 17 marzo 2010 – “Sono molto contento di questo incontro gioioso che ha avuto un forte impatto spirituale, senza mai scadere in uno ‘spettacolo’ ecumenico”. Così il pastore Jens-Martin Kruse ha espresso la sua soddisfazione per il culto che, domenica scorsa 14 marzo, ha visto papa Benedetto XVI ospite della chiesa luterana di Roma. Alla presenza di 400 tra fedeli e ospiti, il culto si è svolto presso la Christuskirche di via Sicilia in un clima di apertura e cordialità, addirittura di “familiarità” ha voluto sottolineare Kruse: “spero e credo che tutti i nostri ospiti si siano sentiti accolti come fratelli graditi e benvenuti, che condividono la stessa fede e ascoltano la stessa Bibbia”. La visita del papa segue l’invito che nel 2008 la chiesa luterana della capitale aveva rivolto al pontefice per ricordare insieme i venticinque anni dalla visita alla Christuskirche di Giovanni Paolo II che nel 1983 vi si era recato in occasion e del Cinquecentenario della nascita di Martin Lutero.

Il culto si è svolto secondo il consueto ordine delle liturgie domenicali luterane. Benedetto XVI ha predicato sul testo di Giovanni 12:20-26, nel quale Gesù, annunciando la propria passione, sottolinea come il seme può portare frutto solo morendo. Papa Ratzinger ha così tratto lo spunto per sottolineare come il senso della vita stia soprattutto nel sapersi donare agli altri, e come anche l’unità dei cristiani sia un dono a cui il Signore ci condurrà. Tuttavia, “dobbiamo vedere anche che abbiamo distrutto noi la nostra unità, abbiamo diviso l’unico cammino in tanti cammini”. Il pastore Kruse si è invece soffermato su 2 Corinzi 1:3-7 e sul tema della speranza. “La speranza non può abbandonarci nemmeno nei momenti più difficili – ha spiegato Kruse – perché anche nel buio brilla la luce di Cristo”. E’ dunque importante imparare “a prestare attenzione gli uni agli altri e a consolarci vicendevolmente”. Un messaggio questo, valido anche nell’a mbito ecumenico.
Il culto ha visto anche la presenza dei cardinali Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano; Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani; Agostino Vallini, vicario per la Diocesi di Roma. Per parte luterana era presente il Decano della Chiesa evangelica luterana in Italia (CELI), il pastore Holger Milkau, nonché due esponenti della Chiesa evangelica tedesca (EKD), tra cui il referente della EKD per l’Europa del sud, il pastore Michael Riedel-Schneider. Al culto non sono stati invitati rappresentanti di altre chiese evangeliche italiane, questo, ha spiegato Kruse, per sottolineare il carattere di “ecumenismo locale” dell’evento. Sulla visita del papa alla Christuskirche si era espresso alla vigilia il pastore Massimo Aquilante, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia FCEI. Secondo Aquilante “la visita del vescovo di Roma alla Chiesa luterana costituirà un gesto fraterno ed amichevole ma non cambierà la sostanza di un dialogo ecumenico tra cattolici e protestanti segnato da evidenti difficoltà, ancora più rilevanti nel particolare contesto italiano”. Se la presenza del papa sarà un evento “evidentemente molto importante per le sorelle ed i fratelli luterani di Roma che lo accoglieranno – ha aggiunto Aquilante -, non ha lo stesso significato per il protestantesimo italiano nel suo complesso che si sente impegnato in una strategia ecumenica operosa ed attiva soprattutto alla base delle chiese, orientata al servizio di chi soffre, di chi non gode di pieni diritti di cittadinanza, di chi è discriminato in ragione della sua religione, della sua appartenenza etnica o della sua identità”.

 

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