Il 18 Aprile 1998 scrissi l’articolo che segue. Ora, 10 aprile 2010 siamo di fronte ad una nuova ostensione [ma questo articolo vale anche per le future]. Che dire, posso ricopiare pari pari il mio vecchio articolo, nulla è cambiato, dal mio punto di vista: cambiate, sono solo le date. Apro i commenti per potermi confrontare.
“Nuove” Riflessioni sulla Sindone
- «Che idea meschina di Dio ha colui che ha bisogno di un’immagine per ricordarsene!» (Isabel de la Cruz, sec.XVI).
- «Dio dice che nulla, assolutamente nulla ha un qualche diritto accanto a lui, ma solamente sotto di lui. Ciò che noi poniamo accanto a Dio è un idolo» (Dietrich Bonhöffer).
Premessa
La sfida è lanciata. Dal 18 Aprile al 14 Giugno 1998 [NdR. Ora 10 aprile 2010] ha avuto luogo l’ostensione della Sindone a Torino, con tutto il suo corredo di folklore e celebrità varie. Questo mi ha portato a revisionare un mio precedente articolo sullo stesso tema. Ho aggiunto alcune considerazioni nate dal dialogo con un cattolico. Ma purtroppo sembra, i fatti non smentiscono, che la chiesa cattolica stia facendo passi da gigante… all’indietro. Mi riferisco all’assoluzione plenaria data alle donne, che dopo aver visto la Sindone, confesseranno un aborto volontario. Non entro in merito alla questione, ma che succederà al Giubileo 2000? Una nuova questione delle Indulgenze? Lascio volentieri al lettore le opinioni in merito. Ma alla fine di questo articolo riporterò, comunque, una mia nota. [NdR. Il Giubileo si confermò, dottrinalmente, per quello che doveva essere, conservatore dal punto di vista dottrinale e, come novità, fortemente mediatico]
Questione tecnica
Voglio subito citare queste parole di Lutero: «perché dovremmo noi abbandonare la sicurezza per avventurarci nel pericolo, dove non abbiamo alcuna Parola che ci possa sostenere, consolare e salvare?». Sono parecchio scettico riguardo alla Sindone per due ragioni: uno, le scritture non la dimostrano, due, non credo sia necessaria per la salvezza.
Le scritture parlano di un simile lenzuolo? Lo negano? Non è del tutto vero che le Scritture, non lascino dubbi. Tenendo l’occhio sul testo greco, citerò anche la traduzione tedesca di Lutero, in quanto sia per struttura linguistica che per sintassi è più vicina all’originale. Giovanni (20:6-7) distingue bene le parti del corredo funerario. Lutero, traducendo Giovanni, distingue in Leinen (panni di lino, al plurale, che coprono il corpo) e Schweißtuch (letteralmente “panno del sudore”, che copre il volto), che esprimono perfettamente i termini greci othonia e soudarion; il resto del versetto parla chiaramente che tale sudario era ripiegato a parte. Trattasi quindi di parti separate. Metodo di sepoltura che, del resto, possiamo trovare confermato nell’episodio di Lazzaro in Giov. 11, 44: «Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti da fasce, e il viso coperto da un sudario».
Nel corale «Christ lag in Todesbanden» (magistralmente commentato in musica da J.S.Bach nella cantata BWV 4) Lutero rafforza l’esegesi giovannea sfruttando il senso plurimo di das Band che può significare: legame, catena, fascia, laccio. Cristo avvolto dai lacci della morte li vince facendoli cadere alla sua resurrezione. L’unico pezzo di stoffa che le Scritture indicano come tessuta per intero dall’alto in basso è la tunica che, durante la crocifissione, viene tirata a sorte fra i legionari romani (Giov 19:24).
Ma, magari fosse così semplice. Di panni di lino, al plurale, si parla anche in Luca 24:12, ma in Matteo 27:59 e Marco 15:46 si parla di un panno di lino (lenzuolo) pulito. Come risolvere questa discordanza?
Queste discordanze sono legate alla questione delle fonti dei vangeli, che è tuttora aperta. Ma si pensa che per i dati comuni a Matteo, Luca e Marco la fonte sia rappresentata da quest’ultimo. Mentre per i tratti comuni solo a Matteo e Luca si pensa che vi sia una seconda fonte Q, forse derivata dall’originale aramaico di Matteo. Discorso diverso per il vangelo di Giovanni, il quale, come sappiamo, deriva da una fonte, di stampo giudeo-ellenico, più tarda che utilizzò informazioni risalenti alla tradizione e quindi non necessariamente riportate dai tre sinottici. Insomma, solo Luca e Giovanni, che tra l’altro sono i redattori più colti, concordano.
La parola sindone deriva dall’ebraico shadin (Prov. 31:24), ossia “lino puro” e da qui deriva la parola greca sindon, che indica un panno di lino (Mc. 14:51, 52; 15:46 e in Mt. 27:59). Ma questo non significa altro che Marco utilizza un termine più vicino alla sua cultura ebraica. Mentre Giovanni usa un greco dal lessico più puro.
Una chiave può darcela proprio Marco 14:51 che, durante l’arresto di Gesù nel Getsemani, racconta: «Ed un certo giovane lo seguiva, avvolto in un panno di lino sul nudo; e lo presero. Ma egli, lasciando andare il panno di lino, se ne fuggì ignudo». Questo passo sembra profetizzare la futura resurrezione di Cristo. Inoltre conferma, da quanto si evince dalla pratica, che il panno, sia intero che in parti, veniva avvolto sul corpo, quindi non poteva lasciare impressa una figura intera prospetticamente perfetta come una radiografia.
Tirando le somme, il testo di Giovanni sembra il più plausibile, ma dal momento che la testimonianza non è univoca possiamo ritenere che le vesti funebri non fossero un particolare rilevante, nell’economia del racconto.
Questione Teologica
Però, e qui passo al secondo punto, se tali «cimeli» fossero stati necessari alla nostra salvezza, perché le Scritture non lo hanno evidenziato? No, tutta questa venerazione di oggetti materiali possiede una definizione univoca nella Bibbia: idolatria. Solo la fede, donataci da Dio, e il sacrificio di Cristo sono gli strumenti efficaci. Lutero riassume tale messaggio in modo sanguigno ed incisivo: «Questo ci dice il Vangelo [Ebr. 9:12-28; 10:12-14] e tutta la Scrittura; che Cristo e il Sommo Sacerdote, il quale una volta per sempre, e con l’unico sacrificio di se stesso, ha annullato i peccati di tutti e definitivamente ha resi perfetti quelli che sono santificati, quando, una volta per sempre, ha avuto accesso, mediante il suo proprio sangue, al santuario, procurandoci una redenzione eterna, cosicché non abbiamo bisogno di alcun’altra vittima oltre questa sola, e, confidando in essa con pura fede, senza meriti né opere nostre siamo salvi dai peccati».
Ho ricevuto un obiezione di questo tipo:
«La Sindone, chiunque abbia avvolto, non porta alla salvezza, ma conduce la nostra attenzione sull’unico Salvatore: il Cristo, lo stesso che non ha rifiutato a Tommaso di fargli toccare con mano le proprie ferite». Inoltre: «Non crede che tanto basti per coinvolgere almeno un po’ anche i non credenti e porli di fronte al mistero dell’incarnazione»?
Rispondo.
Con quale vergogna Tommaso avrà ascoltato le belle parole di Gesù: «Perché m’hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non han veduto, e hanno creduto» (Gv 20, 29).
Dire che essa può essere un mezzo di vocazione, certo! Ma ne più ne meno come qualunque altro oggetto o avvenimento. Io posso percepire l’infinità di Dio anche negli occhi di una persona amata, di un’animale, di un paesaggio etc… Agostino ha scritto molto su come possiamo contemplare, nel creato, l’infinita bontà di Dio. E’ necessario un lenzuolo in una teca? Da quanto detto, per me, è indifferente… Lo può anche essere, ma solo come un mezzo: di cui si serve DIO e NON NOI.
Sono solo i Farisei che hanno la tracotanza di discutere con Dio (Mar. 8, 11). Inoltre in Romani 14 siamo avvisati nel giudicare e nel non porre degli aut-aut: la fede è ricevuta in modo diverso, ma il fine è unico. Leggete Galati 5, 19-26. Inoltre le nostre non possono essere che opinioni (doxa) imperfette poiché appartenenti al fenomenico e quindi al contingente. La cosa in sé, come Kant insegna, non è oggetto della ragione, per quanto abbia obiettato Hegel. Sempre Paolo ci avverte su questo in Colossesi 2, 8-9.
Bene! Qui bisogna fare attenzione. Ricordiamo che è Cristo che ci chiama. Si considera una reliquia un mezzo della grazia? Stiamo attenti. Qui siamo di fronte a quel sofisma che i cattolici usano per distinguere CULTO da VENERAZIONE. Il rischio di un passo falso verso l’idolatria è troppo alto, me lo concederete. Certo, un’immagine sacra ha un valore ed una forza che qui non nego, anzi è proprio questa forza che dobbiamo dominare, ma bisogna essere avvertiti che essa è solo un mezzo e mai il fine. Molte forme di culto hanno portato a potenziare i santi a dispetto di Cristo. Questo era uno degli scandali che inorridivano Lutero. La Sindone in sé potrà anche essere edificante, lo concedo per amore di ecumenismo, ma con molta attenzione: per quanto detto sopra…
Per quanto riguarda gli attacchi «scientifici» non sono certo gli evangelici a farli, bensì gli scienziati che stanno analizzando il problema. Tutt’al più gli evangelici prendono atto delle discordanze scientifiche e scritturali. Il problema rimane aperto… Ma dal punto di vista religioso ognuno applica le proprie categorie in modo legittimo, nel contesto in cui opera. Il problema è capire chiaramente che non è la «reliquia» che pone di fronte la Kerygma, ma è Dio stesso. Posso concedere al massimo, ripeto, che un qualunque oggetto, contingente, possa essere un mezzo, ma non che debba essere necessariamente un simbolo sacro.
Addirittura un papa, Benedetto XIV (Prospero Lambertini, papato 1740-58) fu un eccezione, che purtroppo confermò la regola. Si ribellò di fronte certe forme di culto, ed anche verso l’esagerata teatralità liturgica. Uomo semplice, ma risoluto, diceva pane al pane e vino al vino. Fu cauto nel riconoscere miracoli e canonizzazioni, prese atto del problema protestante (abolì l’inquisizione in Toscana). Le sue ultime parole furono: «Io ora cado nel silenzio e nella dimenticanza, l’unico posto che mi spetta». Infatti fino a Giovanni XXIII (Roncalli) nessun pontefice fu aperto ed illuminato come lui. E ricordo una frase di papa Giovanni, che è ovvia, ma, per alcuni, non tanto: «Capo della Chiesa è Cristo e non il papa».
Insomma il senso globale è questo: le reliquie etc… non sono necessarie alla salvezza. Per me è indifferente l’autenticità della Sindone, anche falsa, se Dio vuole, può avere una funzione edificante. Ma mi ripugna l’idea di vederla oggetto d’adorazione indiscriminata. Il problema, in fin dei conti, non è la Sindone, un reperto la cui autenticità non influenza minimamente, a mio modesto parere, il problema teologico di fondo: il rischio d’idolatria.
Tutto questo ci lascia in uno stato d’indecisione, e allora? Chi o che cosa ci da la certezza? Un pezzo di stoffa (sia essa la tunica o il sudario), i chiodi, il legno della croce, il Graal etc? La risposta leggetela in Giovanni 14, 6; aggiungendo Giovanni 1, 17.
Il punto della questione è da sempre uno solo: la capacità dell’uomo di concorrere alla sua salvezza. A grandi linee le differenze fondamentali sono 2:
- 1] Protestanti: nessuna; la salvezza, la fede, la grazia e l’operare provengono da Dio, l’uomo, da solo, è rinchiuso nel circolo del peccato. L’unico punto di contatto (vedi Karl Barth) è il Kerygma, il momento unico ed irripetibile, nell’economia della salvezza, dell’incarnazione: il Cristo unico mediatore tra Dio e gli uomini.
- 2] Cattolici: cooperazione; l’uomo può in un certo qual modo concorrere alla sua salvezza, ma, e qui il paradosso, solo in presenza della grazia. Il punto di contatto sembrerebbe Cristo, ma ecco inserito un pantheon (in quanto la struttura originale è [romana] pagana) di semidei: Maria, santi e realtà angeliche. Aggiungendo, inoltre, reliquie, pseudo giubilei, precetti esteriori e chi più ne ha più ne metta…
Il concetto alla fin fine è sempre quello: «Dio tramite il sacrificio del figlio si è offerto LIBERAMENTE di salvare l’uomo peccatore, che NON POSSIEDE QUESTA LIBERTA’ in alcun modo» (cfr. i miei interventi sul concetto di libero arbitrio in Lutero e il De Servo Arbitrio). L’unica cosa che può fare l’uomo è lodare e ringraziare… Come poi questa grazia (come dice la parola stessa: gratuita) agisca nell’uomo è un mistero: dobbiamo aver FEDE (cosa possibile sempre e solo grazie a Dio). ). Paolo, inoltre, avvisa: «Or la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di cose che non si vedono» (Ebr. 11, 1). Quindi, la Sindone, se autentica, non è che una delle tante reliquie, magari quella eccelsa, ma sempre un che di contingente e di terreno.
Chiudo questa parte con una citazione da Lutero, che uso spesso, eccezionale nella sua sintesi, che avverte contro ogni forma d’intermediazione che non sia Cristo, rappresentata in generale dalla categoria dei santi: «la natura umana è fin troppo incline ad abbandonare Dio e Cristo e a confidare negli uomini. E’ estremamente difficile imparare ad avere fiducia in Dio e in Cristo. Perciò è intollerabile un tale scandalo che spinge le persone deboli e carnali a iniziare un culto idolatrico contro il Primo Comandamento e contro il nostro battesimo. Si trasferiscano con coraggio la speranza e la fiducia dai santi a Cristo» (M.Lutero, 1530).
Nota conclusiva
Mi sembra che mai come in questi ultimi tempi ci sia un tentativo di livellamento e una ricerca di uniformazione alla chiesa cattolica, come dire: il concetto di cattolico equivale a religiosamente corretto. Ma, purtroppo, è proprio questa la mentalità imperante da secoli: cattolico = religiosamente corretto. E’ un dogma che chi è fuori dalla chiesa (cattolica) non ha possibilità di salvezza (extra ecclesiam nulla salus: concilio ecumenico di Firenze 1440) [NdR. Il Concilio Vaticano II ribadisce questa posizione nella costituzione dogmatica Lumen Gentium (capitolo 4) e nel decreto Unitatis redintegratio (capitolo 3). Nel Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992 quest’argomento è trattato negli articoli 816, 819 e 846-848]: dannato d’ufficio, per fare una battuta. Il concetto, come elaborazione teologica, risale a S.Agostino, ma allora la chiesa non era dogmaticamente centralizzata.
E gli incontri ecumenici? A malincuore, mi sembra che siano una perdita di tempo, se rimangono solo a livello teologico. La chiesa cattolica si ritiene depositaria (e non potrebbe fare altrimenti, pena la perdita del suo fondamento) della dottrina, del “depositum fidei” e della tradizione apostolica. L’ho già scritto altrove (Riflessioni sull’ecumenismo): il colloquio con la chiesa cattolica, a livello teologico, non può essere che un dialogo tra sordi [Cfr. La recente visita di Benedetto XVI alla Chiesa Luterana di Roma].
Ogni cedimento dogmatico sarebbe una perdita di fondamento per quella struttura. In epoca moderna, questa preoccupazione è evidente già da Papa Leone XIII (Enciclica Aeterni Patris del 4 Agosto 1879) che fece rinascere il tomismo (intellettualista) come arma di difesa dogmatica contro le correnti positivistiche. Ma filosoficamente un dogma non può essere fondato, se non nel campo della possibilità, quindi un atto di fede, che a sua volta, se razionalizzato, vede tolto il suo concetto. Insomma, la filosofia può solo stabilire una coerenza interna al dogma, mai il suo fondamento, che riposa solo ed unicamente nel Kerygma (Rivelazione data dal Cristo) e quindi nella Fede. Ma i dogmi che la rivelazione ci offre sono ben pochi, ma sufficienti (a rigore l’unico dogma è il Kerygma stesso, in quanto da esso tutto procede), a confronto con quelli costruiti, d’autorità (fondata su cosa?), dalla Chiesa Cattolica.
Sono recenti [NdR. 1998] le notizie riguardanti i teologi cattolici: scomunica immediata in caso di discussione di un dogma (ultimo caso: il problema del sacerdozio femminile). Recente pure l’allontanamento del prof. Luigi Lombardi Vallauri dall’università cattolica di Milano, per aver discusso sull’infallibilità papale.
La Chiesa Cattolica oggi chiede perdono per gli errori del passato: per le persecuzioni contro Valdesi, Ugonotti e protestanti in genere, per le Crociate etc.. Credo stiano imbiancando il sepolcro in vista del Giubileo. Si dice, il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Insomma non credo che nella sostanza sia cambiato molto dal XVI secolo. La strada imboccata, come detto all’inizio, sembra quella del gambero…
Carissimo Giorgio,
Concordo appieno la Tua analisi di fondo: la Sindone di Torino può essere uno spunto per riflettere meglio sulla Passione di Gesù Cristo facendoci ritornare alla mente come avvenivano le esecuzioni capitali nel I secolo d.C. in Medioriente.
Peraltro qualunque uomo di Chiesa serio lascia alla coscienza del singolo dare una interpretazione di ciò che prova guardando la sindone.
Personalmete io la vidi nella Primavera 1998 a Torino: mi fece impressione vedere quelle ferite.
Non cambiò la mia fede in Dio.
A riguardo ai Santi: essi devono considerati come dei modelli possibili, praticabili di carità.
E’ ovvio che i miracoli, in primo luogo le conversioni, le guarigioni hanno origine Divina. Anche qua il Cristiano evoluto non devia da questa consapevolezza.
A riguardo le varie Chiese: soffro a vedere divisioni che portano ancora il segno di passati scontri.
Vorrei vedere queste divisioni come fonte di ricchezza sul piano ecclesiastico, sociale, umano.
Non omologazione, difficile per le differenze di principio, ma collaborazione.
A riguardo il termine greco “cattolico”, oggi dovrebbe essere sostituito con “universale”: la Chiesa cattolica impropria mente detta romana, invece è Chiesa cattolica latina.
I Grecoortodossi si definiscono loro stessi “cattolici”,
idem gli Armeni si definiscono ancora “cattolici”.
Al termine di “papa”,il termine di Patriarca d’Occidente o Pontefice.
Il discorso è lungo e spero di poterlo continuare.
Grazie per il tuo equilibrato commento. «Divisioni come fonte di ricchezza», questo sarebbe bellissimo nella nostra condizione umana, ma raramente si riesce ad apprezzare questa arricchente dialettica. Ciao!
Carissimo noto la tua riflessione arguta e molto attaccata alla dottrina luterana. io sono Aldo Benincasa un giovane cattolico carismatico di Scampia, povero quartiere di Napoli. Sono in “super-accordo” con te, e penso con piena convinzione che la devozione è solo un frutto di una idolatria latente che vive in ogni uomo. Il fatto è che non è tanto “l’immagine” a tenere banco in quando ci sono passaggi biblici (vedi esodo 25,18; esodo 26,1 ecc) ma dell’uso. Oltretutto la Sindone è un falso evangelico in quando se leggi il vangelo di Giovanni, il famoso panno di lino copre il volto e non il corpo il quale era ricoperto di bende….piccolo ma enorme dettaglio Dio ti benedica
Grazie Aldo, fa piacere vedere che anche tra i fratelli Cattolici c’è chi legge e comprende pienamente le Scritture. La questione dei panni, come hai visto, è aperta e, comunque, che la Sindone sia un falso medievale con canoni stilistici bizantini (vedi le mani) è un fatto che scientificamente risulta ormai assodato. Come dici tu e come, kantianamente, insisto col dire la cosa più importante è non confondere i «fini» con i «mezzi». Fraterni saluti.
Per arrivare a Cristo dobbiamo accettarLo come personale Signore e Salvatore, non arriveremo mai a Cristo Gesù guardando un lenzuolo. Oltrettuto Gesù disse a Tommaso: “Perchè mi hai visto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto” (Gv 20,29); che senso avrebbero queste parole se prima Gesù avesse lasciato un qualcosa come la “Sindone”? Non avrebbero avuto senso!!! La fede autentica è una fede che “va oltre”, cioè che non si ferma ai miracoli, o alle reliquie; molto bella è la descrizione della fede che Paolo (forse) fa in Ebrei 11,1: “Or la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono”