De servo arbitrio 1525

Gli argomenti del De servo arbitrio (1525) sono riposti per lo più in tre tesi distinte (secondo lo storico Georges Chantraine) che riguardano:

1. la Scrittura;
2. il potere umano;
3. la “predestinazione”.

Nel dettaglio:

  1. I luoghi della Scrittura che paiono oscuri e astrusi lo sono per la nostra ignoranza della grammatica e dei vocaboli. Pertanto, a chi possiede la fede, è chiarissima. La sua chiarezza è segno dell’origine divina, così come la sua verità assoluta; questo esclude l’interpretazione (che introduce solo confusione, dubbi e incredulità) e l’affermazione del libero arbitrio (che è motore di una stessa interpretazione). La Scrittura ha la sua grammatica, il suo senso e la sua logica: il condizionale e l’imperativo formulano quello che Dio comanda (la Legge) mentre l’indicativo formula la promessa di salvezza, cioè il Vangelo; ma la Legge va intesa non seguendo il senso naturale, bensì seguendo il senso determinato della dialettica tra Legge e Vangelo: la Legge ordina quello che l’uomo deve fare senza poterlo, facendogli conoscere l’impotenza del libero arbitrio e, tramite questo sconforto, lo porta al Vangelo (tale è la sua funzione e necessità). Inversamente, il Vangelo va preso alla lettera, escludendo qualsiasi “tropologia”.
  2. Che può l’uomo? Per essere corretta, la domanda deve essere espressa così, in termini assoluti, non relativi (che può, grazie a Dio, l’uomo?). Si parla infatti di forza di libero arbitrio, non di forza della grazia. Conseguentemente, soprattutto tre motivi dimostrano che l’uomo non può fare niente: solo Dio possiede il libero arbitrio, perché solo lui “può e fa” ed è dunque solo attraverso Lui che l’uomo può fare qualcosa; se noi, poi, attribuiamo all’uomo una qualche capacità d’azione nell’opera della salvezza, allora viene meno il fondamento della sua beatitudine che posa sul Cristo, che si sarebbe quindi sacrificato inutilmente e altrettanto inutilmente avrebbe inviato lo Spirito Santo (se Cristo ha redento gli uomini con il suo sangue, dobbiamo pur credere che l’uomo era completamente perduto, altrimenti renderemmo Cristo superfluo!); e infine: dal momento che c’è grazia, non può esserci libero arbitrio.
  3. Dio non prevede niente in maniera contingente, ma prevede, propone e fa tutto grazie alla sua volontà immutabile ed eternamente infallibile. E l’onnipotenza e la preveggenza di Dio annichiliscono totalmente il dogma del libero arbitrio, e anzi: proprio la prescienza divina è il fondamento per la fermezza con cui la fede deve credere alle promesse divine. La necessità è per la volontà una necessità non di coazione, ma di immutabilità: la volontà è spontaneamente tendente a Dio o a Satana, senza nessuna possibilità di distogliersi. Dio opera quindi il male per via della natura e della volontà perversa dell’uomo; per nostro vizio dunque, non certo per suo errore. Dio usa degli strumenti cattivi, ma non li ha fatti cattivi. Così, umiliandoci, la regola divina -dicevamo- apre accesso alla fede. Apprendendo quindi a riconoscere Dio infinitamente buono sotto l’apparenza del contrario, la regola è necessaria alla fede perché ne delimita i luoghi.


Ecco alcune versioni di questo testo, fondamentale per la comprensione della teologia di Lutero. Putroppo le versioni in italiano contengono parecchi errori, ma è quanto di meglio ho trovato in Internet.

Testo italiano in HTML

Testo in italiano in PDF

Testo tedesco in PDF

Consiglio, comunque, a tutti di procurarsi il testo stampato. L’unica versione, con valore scientifico, esistente è la seguente: LUTERO M., Il Servo arbitrio, a cura di Fiorella De Michelis Pintacuda, traduzione e note di Marco Sbrozi, Torino, Claudiana, 1993, (”M. Lutero, Opere scelte, diretta da Paolo Ricca”, n. 6).


Adesso, usando le parole di W.A.Pink, anticipiamo l’usuale e inevitabile obiezione.

Perché predicare il Vangelo se l’uomo è impotente a rispondere? Perché invitare il peccatore di venire a Cristo se il peccato lo ha così schiavizzato che egli non ha potere in sé per venire? Risposta: “noi non predichiamo il Vangelo perché crediamo che gli uomini sono liberi agenti morali e quindi capace di ricevere Cristo, ma lo predichiamo perché siamo comandati per fare così” (Mc 16:15); “Infatti il messaggio della croce è follia per quelli che periscono, ma per noi che siamo salvati è potenza di Dio.” (1Co 1:18) – “poiché la follia di Dio è più savia degli uomini e la debolezza di Dio più forte degli uomini.” (1Co 1:25) – “Egli ha vivificato anche voi, che eravate morti nei falli e nei peccati,” (Efe 2:1) e un uomo morto è completamente incapace di volere qualsiasi cosa perciò essi “Quindi quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio.” (Rom 8:8)

Predicare il vangelo appare la più alta delle follie a quelli che sono morti [nel peccato], e quindi oltre la portata di fare qualcosa per sé stessi. Sì, ma le maniere di Dio sono diverse dalle nostre: “Infatti, poiché nella sapienza di Dio il mondo non ha conosciuto Dio per mezzo della propria sapienza, è piaciuto a Dio di salvare quelli che credono mediante la follia della predicazione” (1Co 1:21). […] Noi andiamo avanti a predicare il Vangelo, allora, non perché crediamo che i peccatori abbiano dentro di sé il potere per ricevere il Salvatore, ma perché il Vangelo è il potere di Dio alla salvezza […] nel tempo stabilito da Dio, perché è scritto: “Il tuo popolo si offrirà volenteroso nel giorno del tuo potere” (Sal 110:3)