Pessimismo Antropologico

Una delle ragioni che mi ha avvicinato alla visione del cristianesimo protestante, è stata l’aver trovato completa sintonia con alcuni scritti di Lutero e di Agostino. Purtroppo, è sin troppo banale dirlo, non viviamo “nel migliore dei mondi possibili”, o meglio, secondo il nostro metro questo non parrebbe “il migliore dei mondi possibili”. Ma dare questo giudizio, senza tenere conto dei disegni divini, è semplicemente segno di superbia e tracotanza.

Sembra una frase fatta, ormai, ma la visione di Hobbes è sicuramente inconfutabile. Nella migliore delle ipotesi, per l’umanità caduta,  lo stato di natura è rappresentato da questa frase icastica: homo homini lupus. L’uomo è un lupo per l’uomo, l’essere umano è un animale selvaggio e pericoloso. Nei periodi abituali i suoi instinti diabolici rimangono nel profondo, tenuti apparentemente sotto controllo dalle convenzioni, dai modi di vita, dalle leggi e dai canoni della relativa civilizzazione.

Ma basta nulla a ridestare la belva che riposa in noi, stracciando il travestimento imposto dalla civiltà, e facendo riascoltare le urla di morte delle età cadute in dimenticanza.

Solo attraverso la storia, le tradizioni, i simboli, il pensiero religioso e filosofico possiamo intravedere un barlume di Luce (post tenebras lux).

Ma tuttavia questa ricerca da parte della ragione non è sufficiente, il Male ci ha reso ciechi e sordi alla Verità, pertanto ogni sistema darà la sua interpretazione imperfetta. La significativa figura del peccato originale e della relativa soteriologia, per un Cristiano, a qualunque confessione esso appartenga, non cerca altro che spiegare questo marchio infamante dell’umanità: il Male.

Il Male offusca l’immagine di Dio che è cifra dell’uomo, curvandolo ed imprigionandolo nei suoi istinti più egoistici… dice bene Lutero, riferendosi alla creatura nello stato di peccato: «La natura umana non conosce che il suo bene, ovvero ciò che è buono, onesto ed utile per lei, non ciò che è tale per Dio e per gli altri. Perciò conosce e vuole di più il bene particolare, anzi soltanto il bene individuale. […] l’uomo così ripiegato su di sè [a causa del peccato], da piegare a se stesso non soltanto i beni corporali, ma anche quelli spirituali (cercando addirittura di usare Dio come mezzo e non come fine), e da cercare se stesso in ogni cosa. Questo ripiegamento […] è un male naturale».(WA 56, 356)

Ad ogni modo non siamo soli: qualunque sia il nostro sforzo di ricerca la via d’uscita non può che essere spirituale, nei modi e nei tempi stabiliti da Colui che guida le nostre vie

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